Grazie soprattutto alle pitture parietali l’immagine dei
giardini è arrivata fino a noi: soprattutto quelle provenienti da Pompei
rappresentano una grande varietà di alberi e specie vegetali, pergolati coperti
di rampicanti, uccelli di ogni specie, vasche, fontane e padiglioni immersi nel
verde. Talvolta sono prospettive illusionistiche, che prolungano verso un
immaginario spazio esterno gli ambienti delle stanze, trasformando la stanza in un giardino.
Tuttavia l’immagine dipinta ha trovato scarsa applicazione
nella ricostruzione degli spazi verdi di Pompei nel corso dei secoli, anzi la
sua gestione è stata una questione affrontata in maniera diversa sin
dall’inizio della storia degli scavi, rispondendo di volta in volta a diverse
esigenze culturali e di gusto. Così per tutto il periodo di gestione borbonica
il verde era lasciato piuttosto libero e selvaggio, utilizzando soltanto
ruminanti per tenere a bada le piante infestanti, questo nell’ottica di creare
un’ambientazione romantica, in cui le rovine riportate alla luce e la
vegetazione circostante potessero convivere in maniera armonica.
Con l’unità d’Italia ed una nuova conseguente gestione del
sito, che per la prima volta venne completamente aperto al pubblico, la percezione
e l’organizzazione degli spazi verdi diviene sistematica e razionale, tenendo
conto anche delle eventuali necessità dei visitatori. Le piante infestanti
vengono quindi sistematicamente eliminate, impedendo l’ulteriore crescita di
quelle le cui radici si erano insinuate nelle strutture murarie e di cui erano
tuttavia diventate elemento strutturale non eliminabile. A sostituzione degli
originari platani, la cui manutenzione sarebbe risultata piuttosto costosa,
negli spazi aperti furono piantati pini marittimi al fine di creare vaste aree
d’ombra, mentre cipressi furono sistemati come bordura di giardini e grandi
edifici.
Un ulteriore cambiamento, ancora piuttosto arbitrario e non
frutto di studi scientifici, si ha in età fascista quando furono piantate diverse
varietà di palme e piante esotiche nei viridaria
delle domus aperte al pubblico. Dal momento che gli orti e i giardini dell’antica Pompei
costituiscono un documento unico al mondo, perché unico esempio tangibile
dell’organizzazione del verde in una città di duemila anni fa, a partire dagli
anni ottanta del ventesimo secolo il Laboratorio di Ricerche Applicate degli
Scavi di Pompei ha portato avanti un dettagliato studio scientifico su tutti
gli spazi verdi sia pubblici che privati, permettendo come ultimo passo la
restituzione di una nuova e più corretta immagine di questi giardini, molto più
vicina a quelle riscontrata sulle pitture parietali.
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